Mugello e Valdisieve indicano il primo l’alto e medio corso della Sieve, la seconda il basso corso, dove il fiume scorre in una valle divenuta alquanto più stretta, con rare e anguste piane di fondovalle. Per questo si è sempre operata una distinzione quasi che il mutare del rilievo e della conformazione della valle presupponesse la necessità di una separazione, prima solo geografica, successivamente anche amministrativa.

A favorire la scansione del comprensorio in varie sezioni ha contribuito pure la forma della valle, stretta e allungata (la Sieve ha una lunghezza di 56 Km.), al punto che la popolazione ha finito col gravitare su due capoluoghi diversi, Pontassieve e Borgo San Lorenzo, cui si potrebbe aggiungere Barberino, che si trova all’estremità occidentale della valle.

Ciascuna di queste parti in cui si divide il Mugello ha uno sbocco proprio in direzione della città (Pontassieve attraverso la valle dell’Arno; Borgo San Lorenzo con la via Bolognese e la Faentina; Barberino per le Croci di Calenzano): è un altro fatto che ha contribuito a rendere meno saldi i rapporti fra la sezione superiore e quella inferiore del corso della Sieve, anche se nei tempi attuali, migliorando le possibilità di comunicazione, la difficoltà della distanza appare meno rilevante.

Ma ritorniamo alla Sieve per soffermarci sulla morfologia della valle, anche se necessariamente si tratterà di una descrizione sommaria.
La Sieve (Sepis il nome latino) nasce a mezza costa del Poggio alla Golaia, nei pressi di Montecuccoli, sulle pendici dei monti della Calvana che separano il Mugello dalla valle del Bisenzio. Dalla sorgente la Sieve si incanala in una valle, in direzione Nord-Ovest Sud-Est, cioe con un corso parallelo alla catena appenninica che la sovrasta.Successivamente, grosso modo all’altezza di Vicchio, il corso del fiume segna una curvatura che accentua progressivamente la direzione sud. Ne risulta in complesso una sorta di semicerchio con all’interno, ossia a destra del fiume, i monti che separano quest’ultimo dalla conca dove sorge Firenze, cioè Monte Morello (m. 934), Monte Senario (m. 815) e Monte Giovi (m. 992). A sinistra della Sieve stanno invece i contrafforti della catena appenninica.

L’aspetto di queste montagne è arrotondato, dolce, a causa dell’azione esercitata dai fattori erosivi sulle rocce piuttosto friabili e poco compatte; solo qua e là si eleva qualche sperone roccioso. Questo tratto di Appennino non presenta cime elevate; in genere esse superano di poco i mille metri e in qualche caso sfiorano i 1300 (partendo da nord-ovest ricordiamo il Sasso di Castro, 1277, Monte Freddi, 1303, Monte Carzolano, 1187, Monte Peschiena, 1198, e il Poggio Piano, 1142, nell’Alpe detta di San Benedetto). I passi più frequentati, sempre partendo da nord-ovest, sono la Futa (903), il Giogo (882), la Colla di Casaglia (913), il Muraglione (907). Un po’ discosto dalla catena appenninica, all’altezza di Dicomano, le pendici del massiccio del Falterona (1654), parandosi di fronte alla Sieve determinano, come si è visto, la curvatura nella seconda metà del corso del fiume.

Lungo l’ultima parte del tragitto della Sieve stanno i monti della Consuma, che si aprono a raggera appunto in questa località: alcuni speroni scendono verso il fiume e vanno compresi nella Val di Sieve vera e propria; altri piegano verso la valle dell’Arno e sono geograficamente appartenenti a questa, anche se amministrativamente rientrano nel comune di Pelago. La Sieve è alimentata da numerosi affluenti, prevalentemente da sinistra (più numerosi e ricchi di acque in quanto riforniti dalle sorgenti dell’Appennino): sono fiumiciattoli rapidi e brevi, poiché la montagna è piuttosto ripida e alla cresta dello spartiacque fino al fiume la distanza è ridotta e le pendenze accentuate, al contrario di quanto avviene sul versante romagnolo dell’Appennino dove il declivio è assai meno pronunciato. La storia geologica della valle della Sieve è piuttosto complessa: il bacino si è formato in seguito a corrugamenti e sprofondamenti successivi del fondo marino che fino a dieci milioni di anni fa occupava buona parte della Toscana attuale (varie zone del Mugello ancora oggi danno testimonianza di questa antica origine, perché è facile rinvenirvi fossili marini). Questi movimenti della crosta terrestre continuarono per buona parte del Miocene e fino all’inizio dell’era successiva (Pliocene) quando si formarono, a causa di corrugamenti che produssero la chiusura di numerose valli, dei bacini lacustri (conca di Firenze, Valdarno, Val di Chiana, Val Tiberina, Mugello).

Tali bacini furono successivamente riempiti per l’attività erosiva delle acque dei fiumi a danno della montagna formata da materiali poco compatti (argille, arenarie, marne calcaree). Tali materiali, sedimentando sul fondo dei laghi, finirono col riempirli. E inutile aggiungere che si trattò di un processo estremamente lento. Si può dire che da allora il Mugello e la Vai di Sieve andarono assumendo l’aspetto attuale, senza ulteriori variazioni.
Il clima è temperato e abbastanza umido; le piogge sono tuttavia più abbondanti nel Mugello che nella Val di Sieve.

Alquanto piovosi sono i mesi autunnali e primaverili; non di rado in questi periodi si hanno punte di piovosità estremamente accentuata che provocano piene improvvise nei corsi d’acqua. A questo proposito si può ricordare l’ultima alluvione dell’Arno nel novembre del ’66, provocata fra l’altro dall’eccezionale piena dellaSieve, in omaggio al detto popolare per cui “Arno non cresce se Sieve non mesce”.

Gli inverni sono abbastanza freddi, con la persistenza uggiosa della nebbia (soprattutto nel Mugello, meno nella Val di Sieve);rare comunque le temperature inferiori a -6°, -8°. Le estati sono relativamente calde, ma non si raggiungono mai le punte di calore che affliggono Firenze, grazie all’influenza mitigatrice dell’aria fresca di montagna. I venti della valle sono prevalentemente lo scirocco, che soffia in primavera e autunno portando le piogge, e in inverno il tramontano (da nord e nord est), freddo e asciutto, che talvolta soffia con violenza notevole.

La grande estensione delle zone collinari e montuose ha determinato al pari del clima la qualità del manto vegetale e di conseguenza la struttura economica del territorio, per secoli imperniata sull’agricoltura e lo sfruttamento del bosco. Un tempo ormai lontano tutte le alture erano coperte di folta vegetazione boschiva, purtroppo falcidiata già in epoca medievale e ancora impoverita nei secoli successivi per destinare nuovi terreni all’agricoltura. Il taglio del bosco ha provocato di conseguenza l’impoverirsi dei terreni ad opera del dilavamento delle acque, e l’accentuarsi dei fenomeni franosi e di dissesto idro-geologico. Per fortuna negli ultimi venti-venticinque anni un principio di rimboschimento ha riportato in queste terre gli abeti, le querce, i faggi; ma più spesso è la macchia che si sviluppa disordinatamente, nelle terre abbandonate dai contadini. La vite è un altro elemento dominante nel paesaggio agricolo, come pure l’olivo che tuttavia è stato in parte sostituito dalla coltura intensiva della vite stessa; non bisogna dimenticare che in questa zona vengono prodotti il celebre vino di Pomino e il Chianti Rufina.

Un rapido cenno, adesso, sulle vicende storiche della Val di Sieve che si può identificare nel territorio di sei Comuni ovvero San Godenzo, Dicomano, Londa, Rufina, Pelago, Pontassieve con annesso il Comune di Reggello, (quest’ultimo ultimo posto sul versante del Valdarno, con la Vallombrosa e i centri abitati del versante fiorentino partecipa e disegna geograficamente, aministrativamente ed economicamente il gruppo dei Comuni cosidetti della Montagna Fiorentina) e del Mugello Barberino di Mugello, Borgo S.Lorenzo, Firenzuola, Marradi, Palazzuolo sul Senio, San Piero a Sieve, Scarperia, Vaglia e Vicchio.

Tali centri sono documentati fin dal XII secolo – anche se certamente molto più antichi – come feudi di varie famiglie fiorentine (Guidi, Ubaldini, Alberti) oppure domini dei vescovi di Fiesole e di Firenze. Ma c’è una storia ancora precedente, anche se poco documentata e piena dilati oscuri o incerti.La tradizione identifica nei Liguri Magelli i colonizzatori del territorio, ma le prime tracce consistenti di civiltà furono lasciate dagli Etruschi (bonifiche e canalizzazioni della Sieve). Questi ultimi furono soppiantati nel III sec. a.C. dai Romani, che costruirono strade e fortificazioni sull’Appennino e un ponte sulla Sieve. Caduto l’impero romano, le notizie fin verso il X secolo sono piuttosto scarse; i primi documenti tuttavia accertano che fin da questo periodo sulla riva sinistra della Sieve, dall’Appennino al Falterona al Casentino, si era estesa la potenza della famiglia Guidi, così come gli Ubaldini furono i feudatari più potenti nella sezione occidentale del Mugello.

Di minore rilievo, per estensione e peso politico, furono i possessi di altre dinastie nobili, originarie del Mugello o della Val di Siede e trapiantate a Firenze (Baldovinetti, Cerretani, Dini, Cerchi, Martelli, Medici, Da Filicaia…); a loro volta alcune famiglie, originarie di Firenze, acquistarono possedimenti nella zona (Bardi, Gondi).

Più tardi si fa sentire la potenza della Repubblica di Firenze che con le buone (comprando) o con le cattive (combattendo) sottomette tutto il contado, indispensabile alla città per motivi di difesa da aggressioni esterne e per necessità di approvvigionamenti. Alla fine del Trecento la Val di Sieve è annessa completamente a Firenze e assume la partizione amministrativa che in pratica sopravvive tuttora.

Con il passaggio dal feudalesimo al Comune e poi alla Signoria, le popolazioni godono di qualche maggiore libertà, mentre l’agricoltura e il commercio sono floridi e sorgono le prime manifatture. Un grave colpo viene però dalle invasioni e saccheggi di eserciti stranieri nel corso del Cinquecento. Non va poi dimenticato, per questi secoli e per i successivi, il ciclico infierire di calamità naturali, come carestie, pestilenze, terremoti, che funestando periodicamente la regione, ne arrestano lo sviluppo umano ed economico.
L’epoca del Granducato, il dominio prima mediceo e poi dei Lorena, non porta significative variazioni alla struttura sociale e alla vita delle popolazioni, per quanto con l’amministrazione lorenese si abbia una maggiore attenzione per le riforme necessarie allo sviluppo economico: la Toscana è ormai ridotta ad un ruolo secondario; la mancanza dei mezzi economici per finanziare le riforme e una certa timidezzanel portarle avanti, impediscono sostanziali cambiamenti, anche se il Mugello e la Vai di Sieve si giovano, ad esempio, dell’apertura di nuove vie di comunicazione (il Muraglione soprattutto).

La rivoluzione francese e le guerre napoleoniche, sconvolgendo l’assetto politico europeo, si ripercuotono anche su queste remote province. La restaurazione del Granducato nel 1814 ricostituisce il vecchio ordine, che peraltro è di breve durata: i fermenti risorgimentali contagiano queste terre, fino alla proclamazione dell’Unità nel 1860. L’evoluzione degli anni successivi incide, sia pure lentamente, sulla zona, con lo sviluppo delle vie di comunicazione e il moltiplicarsi delle industrie. L’economia, comunque, non è mai così prospera da non rendere necessaria l’emigrazione, sia interna che esterna. La maggior parte della popolazione resta occupata nell’agricoltura, anche se nell’800 e all’inizio del ‘900 le condizioni di vita dei contadini divengono più difficili per l’appesantirsi dei patti mezzadrili.

C’è infatti la necessità per gli imprenditori italiani di reggere la concorrenza di agricolture organizzate, capaci di vendere a prezzi più bassi. Nelle campagne toscane dove mancano i mezzi e la volontà per meccanizzare l’agricoltura, la concorrenzialità dei prezzi si ottiene con l’aumento della produttività dei terreni attraverso un maggiore sfruttamento della forza lavoro, cioè del contadino: patti più duri, poderi più piccoli, la minaccia della disdetta (ossia l’allontanamento dal podere); i più sfortunati, costretti a lavorare poderi di montagna, non vedono compensata la fatica che da un nutrimento monotono e scarso. Inizia il grande esodo verso la città.

Le due guerre mondiali rappresentano in Val di Sieve e Mugello una grave calamità, per le distruzioni subite e per la perdita di vite umane. Il monte Giovi occupa nell’ultima fase del conflitto un ruolo particolare: esso costituisce il punto di riferimento per coloro che dopo l’8 settembre del ’43 vogliono prendere le armi contro i Tedeschi. Aiutati con ogni mezzo dalla popolazione della zona, questi uomini sono i protagonisti di una pagina significativa della storia recente.

Arriviamo infine ai nostri giorni, con il relativo benessere degli anni Sessanta e la crisi degli anni Settanta e Ottanta. Crisi non soltanto economica, ma anche spirituale. Si avverte il bisogno, più che il desiderio, di riscoprire il passato, di riandare ai valori che anni fa parvero seppelliti ed oggi, in un momento di calma meditativa e meno bramoso di novità, riacquistano un senso, perché ci rendono consapevoli del nostro essere e della nostra storia comune: si aprono ovunque musei di civiltà contadina; gruppi di dilettanti tentano gli antichi ritmi di maggi, ballate, stornelli paesani; con la partecipazione della gente e l’appoggio delle istituzioni rivivono sagre, fiere, ricorrenze religiose; ogni paese cerca di promuovere studi sulla sua storia e sulle sue tradizioni; pullulano iniziative editoriali rivolte ad individuare gli aspetti sconosciuti di località periferiche, da tempo trascurate.

Questo web si innesta nel filone: nasce per illustrare brevemente il significato storico del paesaggio della Val di Sieve e del Mugello, dove l’uomo ha lasciato traccia della sua presenza; ma nasce anche per illustrare la bellezza dell’insieme, perché quest’ambiente venga preservato dai rischi di un’aggressione indiscriminata e incolta. E un patrimonio, affettivo e storico certo, ma anche economico, che una civiltà che si dice evoluta non può dissipare. Noi speriamo che queste pagine riescano ad assolvere una funzione anche in questo senso.